21/11/2024 - 12:23

Cop29: Italia, necessari investimenti tra 14 e 22 miliardi di dollari per allinearsi all'accordo sulla finanza per il clima

A pochi giorni dalla chiusura prevista della COP29, sono stati pubblicati i risultati di uno studio condotto da Italian Climate Network sui contributi finanziari attesi da Italia, Stati Uniti e Cina verso il nuovo obiettivo finanziario globale negoziato a Baku nell’ipotesi che lo stesso obiettivo si attesti tra i 1000 e i 1300 miliardi di dollari all’anno come proposto nei giorni scorsi.

 

Cop29 leader

Lo studio, condotto da Claudia Concaro e Anna Pelicci di Italian Climate Network e di prossima uscita, prende in considerazione non solo le emissioni storiche dei tre Paesi, ma anche la loro capacità contributiva stimata secondo un aggiustamento per il reddito nazionale lordo pro capite. Nell’analisi sono inoltre illustrate due opzioni rispetto al calcolo generale: la prima, per la quale tutti i Paesi contribuiscono secondo lo “spirito di Parigi” e quindi in allargamento dell’attuale platea dei donatori; la seconda, per la quale solo i Paesi Annex II identificati ai tempi della Convenzione di Rio del 1992 continuano a contribuire secondo obbligatorietà.

Secondo i dati dello studio l’Italia dovrebbe passare dagli attuali contributi sotto il Fondo Italiano per il Clima, sommati a quanto promesso una tantum per il nuovo Fondo per Perdite e Danni e altre misure minori annunciate negli ultimi anni, a mobilitare in finanza climatica tra i 14,5 e i 22,6 miliardi di dollari trasversalmente ai vari scenari analizzati. In ogni caso, oltre 20 volte gli attuali contributi.

Gli Stati Uniti, complici le loro emissioni storiche, dovrebbero invece porsi come primo donatore globale, investendo in finanza internazionale per il clima oltre 500 miliardi di dollari all’anno. In pratica, una somma pari a quella dell’intero Inflaction Reduction Act da investire ogni anno in cooperazione climatica internazionale. Cifre oggettivamente lontane da quanto ascoltato e visto negli ultimi tre decenni di negoziati. E infine la Cina, oggi primo Paese per emissioni climalteranti al mondo, secondo il criterio oggettivo della contribuzione storica si troverebbe a dover contribuire in maniera molto minore, tra i 54 e i 70 miliardi di dollari all’anno.

Lo studio di Italian Climate Network analizza infine tre scenari geopolitici futuri, nei quali:
- la Cina entra nel club dei contributori sviluppati sotto la UNFCCC, 
- gli Stati Uniti escono dall’Accordo di Parigi,
- gli Stati Uniti escono e la Cina entra nel club.

I dati dimostrano in ogni caso che una nuova uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi potrebbe compromettere in partenza qualsiasi nuovo obiettivo. Nessuno sforzo concertato tra gli altri Paesi del mondo, neanche integrando la Cina tra i contributori obbligati, potrebbe infatti riempire il gap lasciato da Washington. "Questi dati dimostrano che, fuor di retorica, siamo ancora estremamente lontani da una vera cooperazione internazionale finanziaria basata sulle responsabilità emissive storiche, e che la possibile nuova uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi rischia di compromettere irrimediabilmente l’ambizione del nuovo obiettivo finanziario negoziato in queste ore a Baku, salvo l’emergere nel Paese di un nuovo movimento We Are Still In guidato da privati ed enti locali", dichiara Jacopo Bencini, Presidente di Italian Climate Network. "Questo studio permette, inoltre, di rimettere in prospettiva lo scontro diplomatico in corso sull’allargamento della platea dei contribuenti alla Cina e ad altre economie emergenti, lasciando intravedere, allo stesso tempo, ottimi spiragli per Pechino di assumere leadership a basso costo anche sul dossier finanziario, complice il ritiro occidentale".

photo: cop29.az

Tommaso Tautonico
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