01/01/2013 - 01:00

Cia: paesaggio rurale, patrimonio deturpato da urbanizzazione e abusivismo

Uno studio della Cia presentato a Torino in occasione della sesta Festa Nazionale dell'Agricoltura, riguarda l'evoluzione del rapporto tra paesaggio e vita dei campi dal 1861 ad oggi, tra devastazione e avanzata del cemento responsabili di un danno economico di 25 miliardi di euro
 
Il paesaggio agricolo italiano è una risorsa: tra il turismo rurale e l'indotto legato all'enogastronomia tipica, le nostre campagne valgono più di 10 miliardi di euro l'anno. Un patrimonio da tutelare e difendere che negli ultimi 60 anni ha subito la sconsiderata aggressione dell'abusivismo e dell'urbanizzazione selvaggia, che hanno lentamente "rosicchiato" questo "capitale verde", sottraendo terre all'agricoltura e creando un danno economico complessivo di 25 miliardi di euro. 
 
È uno degli elementi emersi dal convegno "Per il paesaggio più agricoltura" organizzato il 9 settembre 2011 dalla Cia, Confederazione Italiana Agricoltori, in occasione della sesta Festa nazionale dell'agricoltura a Torino. Dal 1861 a oggi il paesaggio rurale ha perso quasi 10 milioni di ettari, una superficie pari a 5 regioni italiane come il Veneto, la Lombardia, il Piemonte, l'Emilia Romagna e il Friuli Venezia Giulia. L'avanzata del cemento ha compromesso l'integrità di luoghi meravigliosi, autentiche calamite per il "turismo verde".
 
La sottrazione di terre coltivate ha cambiato la fisionomia dell'Italia rispetto a quando si presentava come un paese agricolo a tutti gli effetti, con i due terzi del territorio presidiato dall'agricoltura. Oggi dai 22 milioni di ettari del 1861 si è passati a un'area di circa 12 milioni, l'equivalente di poco più di un terzo dell'estensione totale della penisola. E il fenomeno, purtroppo, non sembra subire arresti con un consumo di suolo che nel 2010 ha visto la Lombardia al primo posto con il 14 per cento di superfici artificiali sul totale della sua estensione, il Veneto con l'11 per cento, la Campania con il 10,7 per cento, il Lazio e l'Emilia Romagna con il 9 per cento. Cifre che si traducono in un cambiamento radicale del paesaggio, che ha avuto inizio negli anni '50 e che si è poi concentrato dagli anni '70 in poi col "boom economico", quando l'urbanizzazione selvaggia ha contribuito a deturpare anche le campagne.
 
Negli anni '60 l'agricoltura diventa patrimonio comune in Europa, con la nascita della Pac, che nelle sue prime versioni si fondava non a caso su uno spirito esclusivamente produttivistico. Solo molto più tardi l'aspetto ambientale è diventato parte integrante delle politiche agricole, quando nel 2000 per la prima volta nell'impalcatura della Pac è stato inserito il secondo pilastro sullo sviluppo rurale, che contempla una premialità diretta a un'agricoltura compatibile con l'ambiente, che sia capace di tutelare e valorizzare il paesaggio e il suo patrimonio di biodiversità agricola, in continuo pericolo di estinzione.
 
È qui che per la prima volta il paesaggio rurale è stato considerato risorsa economica, capace di produrre ricchezza grazie al turismo "verde" e alle produzioni d'eccellenza tipiche e strettamente legate al proprio territorio, per cui l'Italia vanta il primato assoluto in Europa con le sue 228 denominazioni d'origine. Nell'incontro di Torino sono stati presentati anche diversi esempi in cui paesaggio, il verde e l'agricoltura si incontrano in modo virtuoso, dalla rivalutazione dell'area periurbana del parco sud agricolo di Milano al bellissimo esempio dell'orto di Kolimbetra, un aranceto antico ripiantato nel cuore della Valle dei templi ad Agrigento per un rapporto nuovo tra verde e città, in cui l'agricoltura spesso penetra all'interno delle mura cittadine.
Mara Giuditta Urriani
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