13/10/2015 - 02:04

Carbon Sink avvia un progetto di riforestazione in Perù, della durata di 20 anni e la messa a dimora di 65.000 alberi.

CarbonSink, in collaborazione, con OrganicSur -azienda romagnola che produce, importa e commercializza banane biologiche certificate Fairtrade ed altri frutti tropicali- ha avviato lo sviluppo di un programma di riforestazione nella regione costiera della Piura (Perù) fortemente richiesto dalle comunità locali di coltivatori di banane, riuniti in cooperative.

Questi agricoltori, infatti, vivono sotto il crescente impatto del cambiamento climatico che mette a rischio la produzione agricola e le stesse condizioni di vita delle comunità.

Il progetto di riforestazione, accuratamente progettato e realizzato da CarbonSink, avrà una durata complessiva di almeno 20 anni e prevede la messa a dimora di oltre 65mila alberi su una superficie di circa mille ettari.

Le attività progettuali consentiranno di ridurre significativamente gli impatti del cambiamento climatico sulle comunità locali, contribuiranno al loro sviluppo sociale ed economico e, rimuovendo anidride carbonica dall'atmosfera grazie agli alberi piantati, genereranno Crediti di Carbonio[1] (oltre 300mila solo nei primi dieci anni di vita del progetto).

I Crediti di Carbonio generati saranno utilizzati per compensare ("neutralizzare" in gergo) le emissioni di gas serra legate a tutte le fasi della filiera di produzione delle banane che, quindi, diverranno "Carbon Neutral", non producendo alcun impatto sul clima.

Produrre banane, trasportarle e persino consumarle, infatti, genera impatti sull'ambiente locale e sul clima globale.

A meno di dieci settimane dalla COP di Parigi a dicembre (la conferenza globale che è, probabilmente, l'ultima chance di definire la risposta planetaria alla grave minaccia del cambiamento climatico), il 14 Ottobre ad Expo, Fairtrade e CarbonSink (la start-up innovativa che sviluppa strategie aziendali di sostenibilità) suggellano la loro partnership proponendo opportunità, benefici e prospettive derivanti dalla lotta al cambiamento climatico e dall'integrazione della Carbon Finance nelle filiere agroalimentari Fairtrade.

Un chilogrammo di banane ha una carbon footprint (o "impronta di carbonio", cioè la quantità di gas ad effetto serra associati ad un prodotto o servizio, di cui la anidride carbonica è il principale) di 765 grammi; circa la stessa quantità di gas serra che emettiamo percorrendo 4 chilometri con la nostra auto, guardando per quasi un'ora la TV o prendendo 20 espresso al bar.

La maggior parte di queste emissioni (il 43%) è causata dal trasporto della banana sino alle nostre tavole, seguita dalla fase di coltivazione (23%), dalla lavorazione e packaging (13%) e dalla distribuzione finale e successivo smaltimento (10%).

Poche filiere sono più globali di quella della banana.
Sebbene la sua origine sia da ricercare in Oceania (Australia o Papau Nuova Guinea), oggi oltre 100 paesi la producono commercialmente. Tra questi, India e Cina sono i maggiori produttori mondiali. I dati, tuttavia, evidenziano come i maggiori esportatori siano i paesi del Sud America verso i due principali mercati: quello statunitense e quello europeo, ciascuno dei quali importa oltre un quarto delle banane prodotte ogni anno.

Dalla produzione delle banane dipende la sussistenza di milioni di piccoli agricoltori nelle piantagioni di tutte le regioni tropicali del pianeta, per molti dei quali la banana rappresenta anche un alimento di base imprescindibile.

Fairtrade è da sempre in prima linea per garantire i diritti dei piccoli produttori e agricoltori ad avere salari accettabili, possibilità di riscatto sociale, diritto ad organizzarsi e condizioni di vita e lavoro salutari. Anche l'empowerment femminile è una priorità, così come la salvaguardia dell'ambiente e del clima.

Il contributo del consumo di banane al cambiamento climatico globale è molto minore, tuttavia, del forte impatto che il surriscaldamento del pianeta ha sulla stessa produzione del frutto e sulla vita dei piccoli agricoltori, costantemente messa alla prova da piogge torrenziali, siccità e altri eventi meteorologici estremi che si manifestano con sempre maggior frequenza ed intensità.

Azioni specifiche volte a massimizzare la sostenibilità (ambientale, economica, sociale) delle filiere rappresentano la strada maestra per contrastare le perdite di valore e di produzione conseguenti al cambiamento climatico, dalla cui lotta esistono molte opportunità.

 

 


[1] Il Credito di Carbonio è un certificato che attesta l'avvenuta riduzione, o rimozione, di una tonnellata di anidride carbonica (il principale gas serra) dall'atmosfera terrestre attraverso progetti di mitigazione del cambiamento climatico sviluppati in paesi in via di sviluppo con altissimi impatti sociali ed economici positivi per le comunità locali.

 

 

Andrea Pietrarota
Direttore Responsabile
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