01/01/2013 - 01:00

Bioshopper: biodegradabile o compostabile?

"Il bando sui sacchetti di plastica è un successo italiano, ma il commercio al dettaglio è inondato da finti bio-shopper. Per questo è urgente approvare una norma che definisca al meglio il concetto di biodegradabilità".
Così Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente, è intervenuta il 12 gennaio alla conferenza stampa di Assobioplastiche a Roma. Gli italiani infatti, apprezzano molto il bando sui sacchetti non biodegradabili, come confermato anche dal sondaggio di Ispo commissionato da Assobioplastiche, ma ora serve un intervento normativo necessario a fare chiarezza sul concetto di biodegradabilità e compostabilità dei sacchetti diffusi in commercio.

A un anno dall'entrata in vigore del bando, infatti, soprattutto il commercio al dettaglio è stato inondato da sacchetti di plastica tradizionale arricchiti con additivi chimici spacciati per "bio" ma che in realtà sono inquinanti quanto gli shopper banditi dal 1 gennaio 2011. Questi sacchetti, ad esempio, se usati per la raccolta differenziata dell'organico domestico, inquinano pesantemente il compost prodotto dagli impianti di compostaggio con frammenti di plastica, oltre a non degradarsi completamente qualora dispersi nell'ambiente.

"Chiediamo al ministro Clini di recuperare al più presto l'articolo del decreto Milleproroghe approvato dal Consiglio dei ministri ma poi inspiegabilmente scomparso prima della firma del Presidente Napolitano, che prevedeva la regola dello spessore al di sotto del quale i sacchetti devono essere realizzati con materiali biodegradabili e compostabili secondo la norma EN 13432 - ha aggiunto Rossella Muroni -. Solo in questo modo riusciremo a completare la rivoluzione italiana, partita con il bando e diventata un modello da seguire a livello mondiale, che ha fatto riscoprire ai cittadini del nostro Paese la sana abitudine dell'uso delle sportine riutilizzabili, fondamentali per ridurre concretamente l'uso dei sacchetti usa e getta".

Serve poi una campagna informativa sull'innovazione delle bioplastiche, recentemente oggetto di critiche da parte di alcuni soggetti evidentemente poco informati, perché sostenere che la loro produzione possa affamare il mondo togliendo spazio alle colture alimentari, vuole dire non conoscere il settore, che usa invece anche materiali vegetali di scarto che non avrebbero altri utilizzi.
Le biopastiche sono il futuro di questo settore e non a caso il rilancio di alcuni poli chimici italiani in difficoltà o smobilitazione, come Porto Torres o Terni, prevede proprio la riconversione dei cicli produttivi dalla vecchia chimica del petrolio alla nuova chimica verde delle materie prime rinnovabili.
Marilisa Romagno
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