08/04/2025 - 13:06

Amazzonia: l'estrazione illegale di oro ha distrutto in due anni oltre 4 mila ettari di foresta

Un nuovo rapporto di Greenpeace attesta che l'estrazione illegale di oro continua a devastare l'Amazzonia, nonostante gli sforzi dei governi per contrastarla.

 

Amazzonia

L'estrazione illegale di oro continua a devastare l'Amazzonia, nonostante gli sforzi dei governi per contrastarla. Un nuovo rapporto di Greenpeace, basato sull’analisi di immagini satellitari, rivela che dal 2023 al 2024 le misure adottate non hanno portato a una riduzione dell'attività mineraria, ma piuttosto a uno spostamento delle aree sfruttate. Mentre le attività minerarie sono diminuite nei territori Yanomami, Munduruku e Kayapó (rispettivamente del 7%, 57% e 31%), nel territorio Sararé si è registrato un drammatico aumento del 93%. Complessivamente, negli ultimi due anni sono stati distrutti 4.219 ettari di foresta pluviale in questi quattro territori indigeni, un'area pari a quasi la metà di Manhattan o a oltre 4 mila campi da calcio.

Le ricerche hanno inoltre evidenziato discrepanze nei dati sul commercio dell'oro. Il rapporto "Toxic Gold" di Greenpeace Brasile traccia il percorso dell'oro illegale dall'Amazzonia ai mercati globali. Nel 2024, le tre principali destinazioni delle esportazioni d'oro brasiliane sono state Canada, Svizzera e Regno Unito, hub chiave per la raffinazione e il commercio del metallo prezioso. La Svizzera, in particolare, svolge un ruolo cruciale, fungendo da principale centro di scambio internazionale e da porta d'ingresso per oltre la metà delle importazioni d'oro dell'Unione Europea. Nel 2022, le importazioni svizzere hanno superato del 67% le esportazioni ufficiali dichiarate dal Brasile e nel 2023 la differenza è stata del 62%, segnando gravi irregolarità.

L'Italia è risultata tra le prime dieci destinazioni per l’export di oro brasiliano nel 2024, ma con un impatto molto basso rispetto agli altri Paesi: lo scorso anno ha importato dal Brasile quasi 110 kg, per un valore di oltre 7 milioni di dollari. L’Italia è anche il quarto Paese al mondo per riserve auree (2.451,8 tonnellate), ma non esiste un sistema che ne certifichi l’origine "pulita". La Banca d’Italia detiene quindi riserve auree senza garanzie sull’eticità della filiera. Poiché le raffinerie e i commercianti non sono obbligati a rivelare l’origine precisa dell’oro, l’oro illegale amazzonico può entrare in Italia indirettamente, sfruttando rotte commerciali opache (ad esempio, con il riciclaggio attraverso Emirati Arabi Uniti e Svizzera). La domanda globale di oro illegale difficilmente rallenterà. Solo nel 2024, il prezzo dell'oro è aumentato del 44% e molte banche centrali hanno dichiarato l'intenzione di incrementare le loro riserve. È perciò necessario un intervento coordinato per fermare il commercio di oro estratto illegalmente.

«La fame di oro sta distruggendo l'Amazzonia per accumulare lingotti che finiscono a prendere polvere nei caveau delle banche: dobbiamo fermare questa devastazione», dichiara Martina Borghi della campagna Foreste di Greenpeace Italia. «I rivenditori internazionali devono rendere trasparenti le loro catene di approvvigionamento e garantire che l'oro estratto illegalmente non entri nel mercato».
L'estrazione illegale dell'oro è una delle principali cause della perdita di biodiversità e di tensioni sociali in Brasile e colpisce in modo particolare le comunità indigene e altri gruppi vulnerabili. Il mercurio usato nel processo di estrazione contamina la foresta, il suolo e i corsi d'acqua, mettendo a rischio la fauna selvatica e la salute umana.

Durante la presidenza di Jair Bolsonaro, i controlli ambientali in Amazzonia sono stati volutamente indeboliti, incentivando l'esplorazione mineraria tra il 2018 e il 2022. Questo ha portato a un aumento del 265% dell'estrazione illegale dell'oro nei territori indigeni. Dal 2023, il governo attuale ha intensificato la sicurezza e il monitoraggio nelle aree più critiche, ma le attività minerarie illegali su scala industriale continuano ad adattarsi e diffondersi nella foresta. Questo sottolinea l'urgente necessità di strategie durature e a lungo termine.
Di recente, la Corte Suprema Federale del Brasile ha messo fine a una scappatoia che permetteva agli acquirenti di accettare oro senza verificarne la provenienza, facilitando così l'espansione dell'attività mineraria illegale nei territori indigeni. Ora gli acquirenti devono dimostrare la legalità degli acquisti e il governo è tenuto a rafforzare i controlli. Si tratta di un passo importante nella lotta contro l'estrazione illegale, ma sono necessarie ulteriori azioni, continuative e integrate, sia da parte del Brasile sia da parte dei Paesi importatori, per garantire una protezione stabile dell'Amazzonia.

Marilisa Romagno
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