01/01/2013 - 01:00

Abbattere i costi del fotovoltaico è possibile

Attualmente la ricerca industriale e accademica è rivolta alla riduzione dei costi di produzione ottimizzandone le tecniche, aumentando l'efficienza di conversione mediante nuovi tipi di celle solari, riducendo i materiali maggiormente utilizzati (silicio mono o multicristallino) o introducendone di nuovi (CdTe, CuInSe, polimeri).
Gli esperti ritengono che affinché il fotovoltaico possa diventare realmente una fonte importante di produzione di energia deve raggiungere alcuni punti ben definiti. L'efficienza deve superare il 15%, il materiale utilizzato deve essere economico, non tossico e disponibile in abbondanza. Attualmente, il fotovoltaico utilizza lo stesso silicio impiegato con specifici adattamenti nell'industria elettronica. Ma si tratta di un approvvigionamento critico perché la materia prima di alta qualità non è prodotta a sufficienza. Non solo: i lingotti di silicio mono o multicristallino disponibili per il fotovoltaico devono essere tagliati in fette con procedimenti che portano a perdite di materiale elevate, fino al 40%.
Una possibilità a breve periodo per la riduzione di costi e per la disponibilità di materiale potrebbe essere data dalle celle solari a film sottile, le quali hanno avuto un loro primo periodo di fortuna quando negli anni '80 e '90 la produzione di celle solari a base di silicio amorfo sembrava avere tutte le qualità per risolvere i problemi di costo di produzione. Tuttavia la loro diffusione è stata frenata dalla bassa efficienza ottenibile e dalla scarsa stabilità del materiale utilizzato, di qui la necessità attuale di esplorare nuovi materiali possibilmente sempre a base silicio, come ad esempio il silicio nano- o micro-cristallino.
I ricercatori della Dichroic Cell in collaborazione con l'Università degli Studi di Ferrara e Cnr-Infm hanno messo a punto una tecnica per "trasformare" un elemento fotovoltaico in un altro, per ottimizzare le sempre più rare e preziose materie prime disponibili, ma anche per snellire tempi e costi di produzione. Gli elementi alla base delle celle fotovoltaiche sono Silicio, Arseniuro di Gallio (GaAs), Fosfuro di Indio e Gallio (InGaP), ma soprattutto Germanio (Ge). Tutti rari e costosi, soprattutto il Germanio. Per aggirare questo ostacolo, la Dichroic Cell ha iniziato a sviluppare una metodologia del tutto innovativa, che mira a convertire un elemento costoso e raro come il Germanio in un altro elemento, il Silicio, più reperibile e meno dispendioso. Il procedimento si basa sull'utilizzo di un macchinario ultratecnologico, il reattore Lepecvd (Low Energy Plasma Enhanced Chemical Vapor Deposition), che lavora come una sorta di forno in grado di depositare il Germanio sul Silicio e di consentire appunto la «trasformazione» di un elemento nell'altro.
In base alle previsioni formulate, attraverso questa sofisticatissima tecnologia, è possibile abbattere il costo del substrato delle celle fotovoltaiche di oltre il 60%. Una riduzione dei costi che diventa del 30% quando si prendono in esame le celle fotovoltaiche più costose, con substrato in puro Germanio.
La grande intuizione della Dichroic Cell e del gruppo di ricerca pubblico-privato è stata quella di trasferire dall'ambito aerospaziale a quello terrestre una metodologia altamente sofisticata e dai costi proibitivi, riuscendo a renderla applicabile ad un'economia per uso terrestre su scala industriale. Gli straordinari risultati di questa ricerca sono stati tenuti segreti fino ad oggi, e finalmente dallo scorso settembre Dichroic Cell ha iniziato a produrre e a vendere i primi Substrati Virtuali, risultato di una tecnologia che ha quindi disponibilità di materiali, costi ed efficienze per soddisfare sino al 10% del fabbisogno energetico nazionale.
Tommaso Tautonico
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