01/01/2013 - 01:00

Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra

Nella specie, se le normative nazionali pertinenti, all'origine dell'impossibilità per la ricorrente di trasferire liberamente contingenti di quote tra i suoi impianti stabiliti in diversi Stati membri, siano conformi o meno alla libertà di stabilimento ai sensi dell'art. 43 CE, si deve dichiarare che tale restrizione a detta libertà non può essere imputata alla direttiva 2003/87/CE per il solo fatto che questa non vieti in modo esplicito siffatto comportamento degli Stati membri.
Gli artt. 174 e 176 CE prescrivono che, in materia di tutela dell'ambiente, le competenze della Comunità e degli Stati membri sono separate.
La normativa comunitaria in questo settore non mira ad un'armonizzazione completa e l'art. 176 CE prevede la possibilità per gli Stati membri di adottare misure di tutela rafforzate, subordinate alle sole condizioni che esse siano compatibili con il Trattato CE e siano notificate alla Commissione (v., in tal senso, sentenza della Corte 14/04/2005, causa C-6/03).
La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, entrata in vigore il 25 ottobre 2003, istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità europea, al fine di promuovere la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra, in particolare del biossido di carbonio («CO2»), secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica (art. 1 della direttiva). Questa si fonda sugli obblighi incombenti sulla Comunità ai sensi della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e del Protocollo di Kyoto. Quest'ultimo è stato approvato con decisione del Consiglio 25 aprile 2002, 2002/358/CE, riguardante l'approvazione, a nome della Comunità europea, del Protocollo di Kyoto allegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l'adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130, pag. 1). Il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio 2005.
Ai fini della realizzazione, all'interno della Comunità, degli obiettivi di riduzione previsti dal Protocollo di Kyoto e dalla decisione 2002/358, la direttiva impugnata dispone che, nell'ambito del sistema dello scambio di quote, i gestori degli impianti di cui al suo allegato I devono coprire le loro emissioni dei gas a effetto serra con quote loro assegnate conformemente a piani nazionali d'assegnazione («PNA»). Se un gestore consegue la riduzione delle proprie emissioni, può vendere le quote eccedenti ad altri gestori. Inversamente, il gestore di un impianto le cui emissioni sono eccessive può acquistare le quote necessarie presso un gestore che ne disponga in eccesso.
Nel caso di specie, la ricorrente proponeva ricorso avente ad oggetto, da un lato, la domanda di annullamento parziale della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 13 ottobre 2003, 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275, pag. 32), e, dall'altro, la domanda di risarcimento del danno subìto dalla ricorrente a seguito dell'adozione di tale direttiva.
Nella specie, se le normative nazionali pertinenti, all'origine dell'impossibilità per la ricorrente di trasferire liberamente contingenti di quote tra i suoi impianti stabiliti in diversi Stati membri, siano conformi o meno alla libertà di stabilimento ai sensi dell'art. 43 CE, si deve dichiarare che tale restrizione a detta libertà non può essere imputata alla direttiva 2003/87/CE per il solo fatto che questa non vieti in modo esplicito siffatto comportamento degli Stati membri. A maggior ragione il legislatore comunitario non può essere considerato responsabile di avere al riguardo violato in modo grave e manifesto i limiti del proprio potere discrezionale ai sensi dell'art. 174 CE, in combinato disposto con l'art. 43 CE. (TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE C.E., Sez. III, 2/03/2010, Sentenze T-16/04).
In forza dell'allegato I della direttiva impugnata, il suo ambito di applicazione si estende, tra l'altro, a taluni impianti di combustione destinati alla produzione di energia nonché alla produzione e alla trasformazione dei metalli ferrosi, quali gli «[i]mpianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 tonnellate all'ora» (TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE C.E., Sez. III, 2/03/2010, Sentenze T-16/04).
Scarica la Sentenza del "TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE C.E., Sez. III, 2/03/2010, Sentenze T-16/04".
Andrea Settembre
autore